Egli proponeva alla Corte di decidere nel modo seguente: «1) Il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato, in particolare degli artt. 48, 52 e 59, subordinando, negli artt. 7, 8 e 10 della legge 30 luglio 1992 n. 23,
la concessione dell'autorizzazione a prestare servizi privati di sicurezza, nel caso delle cosiddette "imprese di sicurezza", al requisito di possedere la nazionalità spagnola, a che i loro amministratori e d
irettori abbiano la residenza in Spagna e, per quanto riguarda il "pers
...[+++]onale di sicurezza", al fatto di possedere la cittadinanza spagnola.
Er hat vorgeschlagen, wie folgt zu antworten: „1. Das Königreich Spanien hat dadurch gegen seine Verpflichtungen aus dem Vertrag, insbesondere aus den Artikeln 48, 52 und 59 verstoßen, indem die Artikel 7, 8 und 10 des Gesetzes 23/1992 vom 30. Juli 1992 die Erteilung der Erlaubnis zur Ausübung von Tätigkeiten im privaten Sicherheitsdienst im Falle der sogenannten .Sicherheitsunternehmen' von der Voraussetzung abhängig macht, daß sie spanischer Nationalität sind und daß ihre Geschäftsführer und Direktoren in Spanien wohnen sowie im Fall des .Sicherheitspersonals' davon, daß das Personal die spanische Staatsangehörigkeit besitzt.